Peppino oggi è diventato un mito cui ha contribuito, secondo me, anche un racconto epico delle esperienze, dimenticandoci qual era la realtà del tempo. Quale era il modo in cui eravamo visti, froci e puttane, straccioni senza voglia di lavorare e pure non ci davamo pena. Piccoli Don Chisciotte contro i mulini a vento. Emarginati quanto ad ascolto e capacità di incidere nel territorio quando il gruppo, o quello che ne restava, si è politicizzato ulteriormente. Come diceva uno dei redattori di Radio AUT, “avevamo la sensazione di avere come interlocutore solo il microfono”. Era molto più facile sintonizzarsi su emittenti locali che proponevano dediche in diretta e musica commerciale da mani a sera. Altro che la noia dei notiziari o degli speciali di quattro straccioni.
Peppino era solo un uomo libero che usava l’ironia e la satira come arma di denuncia, senza compromessi. Oltre a questo è stato ribelle verso la mentalità mafiosa che aveva in casa, ribellandosi al padre. E forse è anche questa ribellione la molla che spinge le giovani generazioni ad amare così Peppino. Ad identificarsi con la sua figura come riscatto di tutte le liti e le incomprensioni che il contrasto generazionale porta sempre inevitabilmente con sé, anche se oggi sono tempi più liberi. Tutto ciò ha semplificato e decontestualizzato il suo operato che è molto più vasto ed articlato, all'interno di quello che era il movimento, respirandone vagiti, sviluppi, rigurgiti, sicurezze, contraddizioni ed insicurezze.
Terminano così gli episodi sulla vera storia di Radio AUT. Seguirà un episodio speciale tutto dedicato agli scritti di Peppino su Radio AUT che riflettono la sua coerenza e capacità critica e di analisi, non quelle frasette che rimbalzano continuamente sui social, scimmiottate e trasformate anche nell’essenza del messaggio o completamente inventante, prese per buone da un film che è sempre un film, senza capire cosa è reale e cosa no.