La Dote è un’installazione avente ad oggetto l’assemblaggio e i ricami a cura della cattedra di Costume per lo spettacolo dell’Accademia di belle arti di L’Aquila del Prof. Attilio Carota e della Prof.ssa Alessandra Carducci.
Arrivano così agli occhi di un visitatore attento i colori e le forme di una intimità elegante e raffinata che racchiudeva i valori delle giovani spose e i sogni, attraverso ad esempio l’abito di primo letto o l’intimo.
Attraverso la dote, che significa regalo o dono, si voleva rappresentare dalla famiglia della sposa allo sposo il conferimento di un insieme di beni. La tradizione, in molti paesi dell’Abruzzo, era quella di portare il corredo dentro un baule dalla casa della sposa a quella dello sposo attraversando le vie del paese.
La dote, nata come liberalità anche se regolamentata, divenne nei secoli obbligatoria attraverso il codice giustinianeo. L’istituto è sopravvissuto fino al 1975 fino a quanto è stato inserito l’art. 166 bis nel codice civile ai sensi del quale “è nulla ogni convenzione che comunque tenda alla costituzione dei beni in dote”.
Quest’installazione comunica il sentire dei tempi passati, durante i quali le donne dovevano dimostrare attraverso la dote l’apporto e il proprio contributo per parificarsi all’uomo.
L’intimo sospeso trasmette la staticità del rapporto.
Emerge tutta la traslazione dell’immateriale sul materiale.
L’aspetto materico dell’intimo sospeso, oggetto di uno scambio economico e patrimoniale, diventa simbolo e metafora di rapporti finalizzati alle cose terrene.
Ma nell’installazione come nella vita questi oggetti restano sospesi. Immobili. Quasi a non accettare il divenire del rapporto matrimoniale che si fa amore e resta immateriale.
La forma non diventa sostanza. Resta sospesa. In un rapporto intrappolato dentro se stesso che si misura con la patrimonialità quantitativa di beni materiali.
Quest’opera resta solo in apparenza semplice e lineare.
Un’attenta indagine ci fa catapultare in un tempo in cui la donna doveva dimostrare di valere con beni materiali e doveva farlo mostrandolo alla società di appartenenza trasportando per le vie del paese la sua dote.
La riflessione che fa emergere è dunque la rilevanza del sentire sociale sul rapporto matrimoniale.
L’essere per la società dal punto di vista patrimoniale diventa essenziale per l’essere nell’io individuale.
Tale sillogismo ha portato a numerose storture dei rapporti falsati dall’apparenza dell’avere.
Sentiamo ancora oggi quanto l’avere, patrimonialmente inteso, influisca sui rapporti di coppia e sui rapporti sociali in generale. Quest’opera arriva prorompente a farci riflettere proprio su questa traslazione che rimane però sospesa nell’aria, immobile e statica, e che non si è rivelata in grado di curare e sanare le ferite dei rapporti sociali fatti di energie immateriali, le sole in grado di curare e fortificare i rapporti.
L’essere è ciò che emerge da quest’opera. L’avere resta sospeso. In un mondo che mal si adatta alle ferite del cuore e dei rapporti sociali.
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