La Sveglia di Giulio Cavalli

By: Giulio Cavalli
  • Summary

  • Dal lunedì' al venerdì, ogni mattina, la sveglia per il quotidiano La Notizia. E poi le letture. E tutto quello che ci viene in mente.

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Episodes
  • Il Borghimetro
    Nov 22 2024
    Chi si rivede: il senatore leghista Claudio Borghi. Lo scambio del parlamentare con un utente su X è una scena da bancone del bar a fine serata.
    “Non posso più prendere una bottiglia di vino al ristorante con la mia ragazza”, si lamenta un utente dopo l'approvazione del nuovo Codice della strada, che aumenta le sanzioni per chi guida in stato di ebbrezza. La risposta di Borghi non tarda ad arrivare: "Se te la scoli da solo ti sconsiglierei di guidare ma anche scolandotela da solo non arrivi a 0,8 perché una bottiglia non è un litro, ma 75 cl. NB i limiti alcolemici non sono stati toccati, anche oggi il limite consentito è 0,5 e 0,8 è il limite per l’ubriachezza grave al volante”.
    Insomma, per Borghi, con una bottiglia di vino si può guidare tranquillamente, alla faccia del Ministero della Salute, che indica come limite massimo tre bicchieri di vino per un uomo di 70 chili. “Apparentemente, il senatore è persuaso che il tasso alcolemico si misuri in litri di vino anziché in grammi per litro di sangue. E c’è pure chi gli dà credito quando parla di modelli climatici”, commenta il giornalista scientifico Marco Cattaneo.
    Ma veniamo ai conti: se lo stesso uomo di 70 chili, cui si riferisce la tabella del ministero della Salute, beve un’intera bottiglia (750 cc, circa sei bicchieri) a stomaco pieno, avrà nel sangue un tasso alcolemico pari a 0,15 (per un singolo bicchiere da 125 cc) moltiplicato per 6, quindi 0,9 e ben oltre il limite legale di 0,5.
    La base della Lega è in rivolta, rivendicando il diritto di guidare un po’ brilli. Il senatore Borghi risponde inciampando sulla legge che ha votato. A questo punto, per misurare le capacità di guida potremmo istituire una nuova scala: la “scala Borghi”. L’automobilista fermato dovrebbe semplicemente dimostrare di avere capito la legge meglio del senatore. Se supera la prova, via libera.

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    2 mins
  • Pacifinti o traditi? Il 52% degli ucraini accusa l’Occidente
    Nov 21 2024
    La guerra in Ucraina sta mostrando il suo volto più cinico: quello della stanchezza. Non quella dei soldati in trincea, ma quella ben più insidiosa dei salotti occidentali, dove i calcoli politici hanno iniziato a prevalere sugli impegni presi. I numeri dell'ultimo sondaggio Gallup sono impietosi quanto rivelatori: il 52% degli ucraini ora chiede una pace negoziata. Una resa mascherata da pragmatismo? No, il risultato di un doppio tradimento.

    Il primo tradimento è evidente: viene da una Russia che ha violato ogni principio del diritto internazionale, invadendo un paese sovrano con la scusa della "denazificazione". Un'invasione che ha trasformato città in macerie e vite in statistiche. Ma il secondo tradimento, più sottile e forse più doloroso, viene da quell'Occidente che aveva promesso vittoria totale, protezione, integrazione, un futuro europeo.

    Guardate i numeri: nel 2022, il 73% degli ucraini era pronto a combattere fino alla vittoria. Una determinazione granitica, alimentata dalle promesse di sostegno "incondizionato" dell'Occidente. Oggi quel numero si è dimezzato. Non è solo la stanchezza della guerra: è la delusione di chi ha creduto nelle parole altisonanti pronunciate nei palazzi di Bruxelles e Washington.

    La verità è che qualcuno ha venduto agli ucraini un sogno che non erano pronti a difendere fino in fondo. Ora il 52% di coloro che vogliono negoziare è disposto anche a cedere territorio per la pace. Un prezzo altissimo per chi aveva creduto nelle promesse di sostegno “incondizionato" sventolato da certi politici ora in ritirata.

    Zelensky dice che la fine della guerra è più vicina di quanto pensiamo. Ha ragione, ma non nel modo in cui sperava. Chissà se qualcuno ci spiegherà che anche gli ucraini sono solo “pacifinti”.

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  • Tre bambini
    Nov 20 2024
    Tre bambini al giorno. Non è una statistica, è una conta macabra che si consuma nel silenzio generale mentre noi beviamo il nostro caffè mattutino. In Libano, mentre il mondo è distratto da altro, si sta consumando una tragedia che ha il volto dell'infanzia perduta.

    I numeri sono impietosi: più di 200 bambini uccisi in due mesi. Ma dietro i numeri ci sono storie, come quella di Celine Haidar, giovane promessa del calcio libanese, ora in coma per una scheggia alla testa. O come quei sette bambini di un'unica famiglia, spazzati via mentre cercavano rifugio sul Monte Libano. Fuggivano dalla morte e la morte li ha raggiunti comunque.

    La comunità internazionale? Assiste con la stessa indifferenza con cui si guarda un temporale dalla finestra. L'UNICEF fa quello che può, con un budget ridicolo - finanziato per meno del 20% del necessario - mentre gli operatori sanitari cadono come soldati in prima linea: 200 morti, 300 feriti.

    Le scuole? Chiuse. Gli ospedali? Sotto attacco. L'acqua potabile è diventata un lusso per 450.000 persone. E i bambini sopravvissuti portano cicatrici che nessun cerotto potrà mai coprire: il trauma psicologico di chi cresce tra le bombe diventa la normalità di una generazione perduta.

    Ma ciò che fa più male è il silenzio. Un silenzio che pesa come piombo sulla coscienza di chi potrebbe fare qualcosa e sceglie di non farlo. La morte dei bambini in Libano è diventata una notizia di sottofondo, come il ronzio di un televisore dimenticato acceso.

    E mentre scriviamo editoriali indignati, altri tre bambini moriranno oggi. Altri tre domani. In un crescendo di orrore che si è trasformato in routine. L'orrore, quando diventa quotidiano, rischia di perdere il suo potere di sconvolgere. E sullo sfondo c’è la distruzione di Gaza.

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