di Pietro Giordano | Khaled ha 28 anni, e da 10, più o meno, vive un'odissea che gli ha rubato la stagione migliore della vita. Nato a Damasco da un famiglia di origine curda, padre siriano e madre egiziana, inizia a girovagare molto presto seguendo gli spostamenti del padre, stimato professore che viene chiamato a insegnare in Libia, in Kuwait e in Egitto, dove Khaled sceglie di studiare media e comunicazione. Quando il padre va in pensione, la famiglia torna in Siria, e trova una situazione profondamente cambiata: il clima è pesante, le strade sono deserte, tranne quando diventano teatro delle prime manifestazioni popolari contro il regime di Assad, che risponde con brutalità e violenza. Khaled vuole dare il suo contributo alla rivoluzione, ma non vuole imbracciare armi, quindi decide di fare quello che sa fare meglio: comunicare. Comincia a realizzare video delle proteste, a registrare quello che vede per le strade. e a postarlo sui social network, per sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale. Il governo però non ci mette molto a mettersi sulle sue tracce, e Khaled è ben presto costretto a riprendere la sua via crucis, che lo porta in Turchia senza però rinunciare alla sua missione in supporto dei gruppi rivoluzionari. Khaled però non può e non sa dimenticare la Siria, e la sua storia, come tante storie di questo mondo, non ha ancora trovato la parola fine. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices