Io mi protesi verso di lei, con un movimento poderoso, come se avessi voluto baciarla in quel preciso istante, ma mi fermai a due cm circa dalle sue labbra e aggiunsi, con una voce molto piu provocante e calda :
“ Hei Alice, ti ho detto che non ti avrei baciato , e cosi sarà. Un Cappellaio Matto non dice mai bugie”.
Rimasi a guardarla dritta negli occhi, mentre con la mano sinistra, cercavo di estrarre la mia chitarra dalla sua custodia da viaggio, posta sul sedile posteriore insieme alla mie cose.
Riusci con non poche difficoltà, a prendere la mia Fender Stratocaster Relic edizione 2006 e cominciai a cantarle questa canzone :
“ Traghettato da un destino
Avvolte sordo e malinconico
In un viaggio clandestino tra allucinazioni e panico, Perché io so di avere un diamante tra le mani Un morbido rifugio per tempi meno buoni”
Lei era li che ascoltava immobile per via dell’emozione , con uno sguardo dolcissimo e i battiti evidentemente accelerati.
Mi interruppe, istintivamente, senza un’intenzione cattiva, dicendo :
“Lo sai che non ha senso tutto questo, vero?! E tutto questo è talmente bello che non puo essere vero. E’ meraviglioso e allo stesso tempo, illogico, pericoloso, astratto. E non va bene Cappellaio”
Qui la fermai, mettendole una mano sulla bocca, con un gesto istintivo e sicuro, per farle capire che doveva stare in silenzio, e aveva bisogno di ascoltare ancora.
Ripresi a suonare e ad accompagnare i restanti versi :
87
“ Ho sbagliato per sbagliare
Non perché lo dite voi,
e non mi pento proprio, sono in riserva ormai
Io ci credo in quel che voglio e forse voglio farmi male E non mi riconosco in quello che conviene
Mi piace scivolarvi fuori da ogni calcolo,
per rimportarmi in riga servirà un miracolo Complici e simili da credere alle favole
Con i nostri sogni in gola
Questa notte è fatta apposta per noi
Che non ci guarderemo indietro mai”
Nel cilindro di un cappellaio matto, tra fiori e conigli, c’è sempre la canzone giusta : per ogni situazione, per ogni momento della vita, per una donna bellissima cosi come lo era Alice, la mia Alice.
Come un Gol di Del Piero sotto il sette, come la poesia creata da un Dribbling di Baggio che mette a sedere sia la difesa che il portiere, in quel parcheggio ad un certo punto, solo noi, potevamo vedere l’aurora boreale.
“L’hai scritta tu questa canzone?”
E la senti avvicinarsi a me.
Io feci altrettanto e le risposi:
“ Purtroppo no, ma è una di quelle che avrei tanto voluto scrivere io”