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Una sera a conclusione dell'abituale scenata lei afferrò un gomitolo di filo al quale erano appuntati degli spilli, lo scagliò contro il marito colpendolo ad un sopracciglio, e con una soddisfatta alzata di coda, s'andò a coricare.
"Se il demonio mi liberasse da quest'arcissima, sarei disposto a dargli in cambio questo dio di calzoni che sto cuocendo per il parroco!"
Mugugnò mastro Terenzio, esasperato e all'istante comparve un vecchio tutto vestito di nero che se la ridacchiava soddisfatto.
«[...] Era una bella sera d'autunno, mastro Terenzio, sarto a Catanzaro aveva litigato con la signora Giuditta, sua moglie, a causa di un piatto di "maccarruni" che costei, da quindici anni che i coniugi erano sposati, si ostinava a preparare in un modo diverso da come mastro Terenzio li preferiva.
Da quindici anni tutte le sere, alla stessa ora, la lite si rinnovava per la stessa causa.
Quella volta la lite era andata così lontano che, ritirandosi nella sua stanza, Giuditta aveva lanciato a mo' d'addio a suo marito un portaspilli ben guarnito ed il proiettile aveva colpito il povero sarto tra le due sopracciglia.
Ne era risultato un dolore immediato da portare l'esasperazione del povero uomo al punto da fargli esclamare "Oh! Quante cose darei al diavolo se mi sbarazzasse di te!",
"Eh! Che gli daresti, pezzo d'ubriaco?" esclamò la signora Giuditta, che aveva sentito, riaprendo la porta.
"Gli darei" esclamò il povero sarto "questo paio di calzoni che faccio per don Girolamo, parroco di Simeri!", "Disgraziato!" rispose Giuditta "Faresti meglio a glorificare il nome del Signore che t'ha dato una donna paziente come me piuttosto che invocare il nome di Satana. [...]»